Storia di Venezia
Pagina pubblicata 4 Giugno 2015
Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
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![]() Storia della caduta di Venezia, mappa dei luoghi menzionati in questa pubblicazione. Clic sull'immagine per ingrandire; clic qui per vedere questi luoghi in Google Earth. Nel Dispaccio del 21 Aprile 1797, i due deputati Donà e Zustiniani, che ancora non hanno incontrato Napoleone, si dicono preoccupati dell'effetto che la notizia dei fatti di Verona, da loro ricevuta con una Ducale dal Senato del 18 Aprile, possa aver prodotto sul Generale francese. Tanto maggiore la loro preoccupazione, in quanto lungo il tragitto hanno raccolto da più Ufficiali francesi la voce che la Repubblica di Venezia sarebbe apertamente entrata in guerra con quella Francese. I Deputati hanno saputo per certo che Napoleone e l'Austria hanno firmato la Pace. A Klagenfurt si dice che le clausole riguarderebbero in una certa misura anche la spartizione dello Stato Veneto. Oltre a queste preoccupazioni, i Deputati ne manifestano per la propria sicurezza personale, trovandosi così isolati nel mezzo dell'esercito ostile. Chiedono al Senato i più pronti ragguagli soprattutto sui fatti di Verona, in quanto la notizia dell'eccidio di Francesi colà avvenuto potrebbe spingere il Bonaparte a prendersela personalmente con loro, infliggendo un nuovo oltraggio all'incarico loro conferito dal Senato. Saint Fait 21 Aprile 1797 Ore una. -- :: -- Lo stesso giorno del 21 Aprile, anche il Senato scriveva ai due Deputati due Dispacci, per aggiornarli appunto sui fatti di Verona e sulla cattura del Liberateur d'Italie nel Porto di San Nicolò. Il primo risponde alla lettera dei Deputati datata 18 Aprile che abbiamo visto nella Pubblicazione precedente. Esso non contiene alcuna indicazione, consiste essenzialmente nella trasmissione di copie dei Dispacci scambiati con le Cariche di Verona e Vicenza negli ultimi giorni, "... onde il tutto servir possa ad opportuno lume vostro ne' colloquj, che su quest'argomento vi venissero promossi, o riputaste conveniente di tenere col Gen. in Capite Buonaparte.". Il secondo risponde invece a un Dispaccio dei Deputati in data 19 Aprile, che Tentori non ha riportato, affidandone forse il contenuto a quello che si può ricavare dalla risposta del Senato. La lettera si apre con i soliti sperticati elogi allo zelo e al coraggio dei Deputati, nonché al loro acume nell'essere riusciti a incontrare almeno il Generale Du Fresne, se non il Baraguey d'Hilliers come speravano. Apprezza il Senato che da tale Generale abbiano ritratto la certezza che è stata firmata la Pace tra Austria e Francia. Segue un secondo elogio al Circospetto Segretario Orazio Lavezzari, al seguito della missione, della cui "distinta abilità, ed esperienza" Il Senato ha una ennesima occasione di compiacersi. Dopo l'indoratura secondo il già noto "sistema del dottor Boerhaave", giunge però la pillola amara, con il trasmettere la relazione della cattura del Liberateur d'Italie nel Porto di San Nicolò. Donado e Zustinian, in virtù delle straordinarie doti diplomatiche che loro si riconoscono, dovranno, pur mettendosi in pericolo, "rendere persuaso" il Francese che tutta la responsabilità va addossata al Comandante Laugier, che avrebbe voluto violentemente infrangere il divieto di ingresso nel porto lagunare. Lo zucchero a disposizione dei Deputati per indorare la pillola anche a Napoleone dovrebbe consistere nel pronto rilascio non solo di tutti i prigionieri Francesi e Polacchi, ma anche di sei sudditi Veneti detenuti, di cui egli aveva espressamente chiesto la liberazione. I Deputati dovrebbero aspettarsi in cambio il rilascio dei Patrizi e Notabili veneti imprigionati dai ribelli in Italia. Il Ministro francese a Venezia Lallement avrebbe lasciato ben sperare a questo proposito. Si allegano la più recente relazione del Pesaro sulle sue conferenze con Lallement, le due comunicazioni a lui indirizzate dal Senato e il riassunto degli ultimi carteggi con le Cariche in Verona; da questi documenti i Deputati saranno informati "della progressiva dolente serie degl'ingrati avvenimenti, che ebbero ultimamente luogo in varj punti dello Stato nostro" e potranno trarre "argomento per farne quell'uso destro, e prudente, che ad opportuna occasione reputaste il più analogo, e conveniente alli pubblici oggetti.". Da pagina 245: Rilevarete pure da detti Dispacci delle Cariche in Verona la mala fede, con cui dal Gen. Balland fu trattenuto ne' Castelli il Gen. Conte Nogarola, che vi si era portato, e ricevuto come parlamentario. Sempre nella sera del 21 Aprile 1797, Il Senato indirizzava una "Species Facti" Al Nobile in Parigi Querini. Tentori si limita alla lista degli episodi che vi si elencavano, essendo tutti già da noi visti in precedenza:
-- \\ :: // -- Tentori riporta quindi l'attenzione sui Dispacci pertinenti la situazione nella Terraferma Veneziana, ricopiando innanzittutto i Dispacci di Giovanelli del 21 e 22 Aprile 1797. Quello del 21 Aprile descrive una attività crescente nelle ostilità francesi. Con lunghi paragrafi, il Provveditore vuol mostrare la forza di questi e la debolezza dei Veronesi, anche se alla sera deve dichiarare i Francesi sconfitti e tutte le loro sortite respinte nei Castelli. Egli si dilunga nel descrivere i danni fatti dal nemico con incendi e saccheggi, ma omette di precisare che i borghi che dichiara devastati, Campagnola e San Giovanni in Valle, si trovano rispettivamente a ridosso delle mura del Castello Vecchio e di quello di San Pietro, il che ben evidenzia la insignificante portata delle sortite stesse. Gli incendi in queste contrade sarebbero stati facilmente causati con il solo lancio di bombe incendiarie dai Castelli. Giovanelli dichiara di avere avviato nuove trattative con Balland e con il Generale Chabram che comanda le truppe giunte in rinforzo ai Francesi, "di cui parleremo in appresso". Nel frattempo, il Brigadiere Maffei, che evidentemente preoccupava i traditori, era stato richiamato in Verona. Egli comandava la linea da Monzambano alle posizioni della Croce Bianca e San Massimo, che poteva costituire intralcio al sopraggiungere di rinforzi francesi da Ovest e da Nord. Il suo Corpo di armati, fino ad allora vittorioso o comunque efficace nel tenere a bada i Francesi, fu lasciato al comando del Tenente Colonnello Ferro, sotto il quale fu sbaragliato, perdendo 600 dei mille soldati regolari, molti pezzi d'artiglieria e provocando lo sbandamento e la dispersione dei Villici volontari. Giovanelli adesso si lancia in una descrizione piuttosto confusa delle sue trattative con i Francesi, allegando una serie di lettere che Tentori non riporta. A ogni modo, dichiara di avere ricevuto una lettera dal generale Chabram, che gli intima di aprire le porte della città per non vederla distrutta in caso di resistenza. A questa avrebbe risposto chiedendo di trattare e offendo "l'adito ad aperture di conciliazione". Nella replica, il Generale risulterebbe disponibile a tale conciliazione, "ma spingendola egli a condizioni, e tempo non conciliabili con i Pubblici riguardi, e con il voto deciso di questa Popolazione, abbiamo trovato opportuno di scrivergli la Lettera Num. 4 ...". Questa lettera n. 4 (si riferisce alla numerazione degli allegati) sarebbe stata affidata per la consegna al Capitano Vidali, appena ritornato dalle Valli Bresciane con la notizia che i Valsabbini avevano prolungato l'armistizio con i ribelli bresciani fino al giorno 26 Aprile. La decisione di affidare la comunicazione a un Ufficiale oltre che allo scritto, è motivata dal Giovanelli con l'incarico a questi affidato di far comprendere meglio ai Francesi che una sospensione delle armi avrebbe facilitato alle Autorità venete il compito di tranquillizzare il Popolo. Giovanelli confessa anche un obiettivo "segreto" di questa trattativa, ovvero consentire l'arrivo a Verona dei "soccorsi" da Vicenza al comando di Erizzo. Al momento da quella parte sono giunti a Verona 30 barili di polvere. Con la carta n. 5, Chabram conferma le sue "disposizioni pacifiche" e chiede che gli si inviino i parlamentari entro 4 ore. Giovanelli ha risposto cercando ancora di prendere tempo, e attende risposta a questa ultima lettera, contrassegnata dal numero di allegato 6. Non ha ancora avuto modo di far pervenire una risposta alla lettera scritta dal conte Nogarola prigioniero nel Castello di San Felice (all. 7), risposta che peraltro ha già scritto e allega al n. 8. Scarseggiano intanto le palle di cannone, e molti affusti hanno bisogno di riparazioni. Il Popolo comincia a dubitare sempre più fortemente delle Autorità venete, e le tiene d'occhio. Il Popolo fermo nel voler cacciati i Francesi da' Castelli, fattosi sospetto che si potesse intavolare maneggio diverso da questi principj, intercettò la Lettera, ne fu possibile al Provveditor persuaderli, non esser dessa, che di semplice veicolo a maggiori aperture. I Francesi continuano il fuoco incendiario dai Castelli e a tentare sortite. I 400 uomini del Corpo di Maffei rientrati in Città, affaticati dalla battaglia e dalla lunga marcia "sono appena capaci a sostenersi in piedi.". Il conte Augusto Verità e il conte Bortolo Giuliari moltiplicano i loro sforzi "per accudire, e dirigere quanto occorre". Tutti attendono con speranza l'arrivo di Erizzo con i suoi rinforzi. Da pagina 248: Verona 21 Aprile 1797 ore 9 e mezza. -- :: -- Giovanelli scrive ancora al Senato il giorno 22 Aprile 1797. Si dice confortato dalle Ducali ricevute il giorno stesso e nei giorni precedenti, che conterrebbero, a suo dire "il consiglio, e li mezzi, co' quali servire a' gravi oggetti della Patria.". A quali "consigli" si riferisca non sappiamo, ma i "mezzi" sarebbero rappresentati dall'arrivo di Erizzo con 400 fanti, 1000 Villici e quattro cannoni al comando del "benemerito Sargente Generale Stratico", 1 giunti a Verona alle ore una del 22 Aprile. Nel frattempo, Chabram aveva occupato Pescantina e la aveva incendiata, dopo di che si era impadronito del Colle di San Leonardo, ma qui troviamo una incongruenza nel racconto di Giovanelli che Tentori non avrebbe potuto rilevare. Egli infatti sostiene che aveva fatto disporre su quel colle "due grossi pezzi d'artiglieria, collocati per battere il Castel San Felice", ma questa affermazione non può che essere falsa, come spiego nella nota 2. Nonostante questa perdita, e l'intensificarsi del fuoco incendiario francese, Giovanelli annota che i Veronesi non demordono dal loro coraggio e determinazione. Dal momento che sappiamo come egli fosse in stretto contatto con Balland fin dal giorno del suo insediamento, sottoponendogli addirittura tutti i Dispacci segreti che riceveva da Venezia (Cfr Pubb. XLVI), le sue considerazioni seguenti rientrano nell'ambito del falso e del disfattismo. Ma nel prestarci, come noi facciamo alla difesa di questa Popolazione, non si abbandona la vista essenziale di tentare, come V.V. E.E. prescrivono, le vie possibili a risparmiare il sangue, ed a promuovere la conciliazione, e bramata tranquillità. Coltivato perciò dal Generale Nogarola questo spirito anche presso del General Balland, parve, che riuscito a farne penetrare il suo animo, e lasciatolo discendere, ci invitasse col di lui mezzo a nuove pacifiche trattative. Nogarola è anche latore di un "cessate il fuoco" per il tempo necessario a un incontro tra Giovanelli e Chabram "tra le mura e il Campo ... ma l'indocilità del Popolo, e la mala fede Francese, lo ha fatto presso che mai tacere."(il fuoco)". Comunque, all'ora stabilita, Giovanelli si sarebbe recato all'appuntamento con Chabram, facendosi accompagnare dal "Signor Provveditore di Città Conte Emilj, il Conte Zorzi Giusti e il Sig. Francesco Merighi". La presenza di quest'ultimo è motivata soprattutto dal fatto che egli ha molto ascendente sugli insorti della zona di San Zeno "verso de' quali in questi aspri momenti non sono trascurabili molte delicate avvertenze.". È assai probabile che in questa missione, se essa non fu una sua mera invenzione, il Giovanelli fosse accompagnato anche dal Circospetto Rocco Sanfermo, che però il Provveditore evita sempre di nominare (salvo fargli firmare alcuni dei Proclami più compromettenti di quei giorni), almeno fino a quando lo darà in ostaggio a Balland, poco prima della propria fuga.3 Il colloquio a detta del Giovanelli fu lungo: da parte francese si presentarono i Generali Chabram, Landrieux e "Cherarlier" (Chevalier). Il tema è identico a quello dei precedenti colloqui, con i Francesi che minacciano di radere al suolo Verona e richiedono la resa e il disarmo incondizionati, sostenendo che la rivolta era stata preparata e sobillata dal Senato di Venezia e citando come prova il fantomatico "Proclama Battaja". Da parte di Giovanelli le solite scuse e smentite ma, come osserva Sanfermo nella sua Condotta Ministeriale, le sue risposte erano sempre tali da non consentire una via d'uscita incruenta. Tra le novità offerte ai Francesi, il gettare un nuovo ponte sull'Adige a loro esclusivo servizio e acconsentire che le Guarnigioni dei Castelli e tutte le Guardie fossero per metà costituite di truppe Venete. Il tira e molla si concluse con un irrigidimento completo dei Francesi, che si ritirarono nel Castello mentre Giovanelli e il suo seguito facevano ritorno al Pubblico Palazzo. Le ostilità continuarono per tutta la notte del 21 Aprile, mentre nel corso del 22 i Francesi di Chabram fortificano le loro posizioni, in particolare quella di Colle San Leonardo. Il Sergente Stratico si è attivato "presiedendo, e dirigendo la massa delle cose militari.". Da pag. 252: Verona 22 Aprile 1797 ore 11. -- :: -- Tentori a pagina 252 riferisce di alcuni Proclami fatti diramare da Giovanelli in quei giorni, non ne riporta il testo ma solo succintamente il contenuto. Possiamo però ritrovarli tra i documenti allegati alla "Condotta Ministeriale del conte Rocco Sanfermo"; Sanfermo, come Segretario Circospetto, doveva garantirne la legittimità con la propria firma e l'applicazione con ispezioni e sopralluoghi.
Questi Proclami causeranno non poche ansie al Sanfermo, quando si troverà ostaggio dei Francesi dopo la fuga dei Rappresentanti. -- \\ :: // -- In Venezia nel frattempo si discuteva sulle risposte da darsi ai Rappresentanti di Vicenza e di Padova, lasciati completamente privi di difese dalla partenza di Erizzo per Verona. "Si divise il Senato in due Opinioni, ma dopo lunghi dibattimenti fu alla fine approvato" il Decreto che vedremo nella prossima Pubblicazione. Umberto Sartori NoteNota 1 - Per quanto ho potuto appurare, pur senza effettuare approfondite ricerche, questo "Sargente Generale", se aveva dei meriti, essi dovevano collocarsi nella gestione del malaffare relativo alla spoliazione delle Fortezze Venete effettuato nei decenni precedenti con l'attiva complicità del Collegio degli Ingegneri Militari di Padova. Tale Collegio, oltre che per la corruzione, si distinse per la produzione di Militari veneti filo-francesi, come il già incontrato Capitano Francesco Salimbeni che, di ritorno dalla sua missione diplomatica presso Napoleone, ne aveva tessuto uno sperticato elogio assieme a quello delle sue Truppe (cfr. Allegato 3 al Dispaccio Foscarini n. 15, 30 Maggio 1796, in A.S.Ve - Senato/Dispacci/provveditori/busta 116).7 Lo Stratico, per restare nel tempo del tema, era stato destinato dal Piano Nani alla difesa di Brondolo, dove avrebbe dovuto organizzare e comandare batterie mobili di difesa.
Nel caso come il nostro di uno sparo da una altura contro un'altra altura della stessa quota, il rimbalzo era impossibile, perché il proietto avrebbe colpito il suolo con un angolo che lo avrebbe fatto conficcare, e non rimbalzare, se non eventualmente all'indietro verso valle. Giovanelli poté far condurre i cannoni sul Colle di San Lunardo, presumibilmente, perché tali cannoni erano serviti da persone del tutto digiune delle tecniche di artiglieria, o da artiglieri suoi complici. Abbiamo già visto al Dispaccio n. 33 del 20 Aprile Giovanelli dichiarare la mancanza di artiglieri: "La poca artiglieria manca di palle e di artiglieri ma oltre a ciò manchiamo di un capo militare ..." Se il suo intento fosse stato quello di aiutare i Veronesi, Giovanelli avrebbe usato i due pezzi di grosso calibro a distanza ravvicinata contro le mura di Castel Vecchio, aprendovi una breccia attraverso cui la supremazia numerica di Villici e Regolari veneti potesse occupare il Quartier Generale nemico. Ma non era certo per questo scopo che Giovanelli aveva incassato la paga da Berthier. Alla pur discutibile testimonianza di Landrieux, il quale afferma che Giovanelli ebbe poi da Napoleone anche una delle più alte onorificenze del Regno d'Italia (pag. 245 nella Biografia del Grasilier), posso però aggiungere due documenti che mostrano il nostro ex- Provveditore nominato a Cariche pubbliche dal Regno d'Italia stesso. 10 novembre 1806 ... EUGENIO NAPOLEONE. Lo troveremo quindi nel 1807 Elettore del Collegio dei Possidenti per l'Adriatico a pagina 1522 del Bollettino delle leggi del Regno d'Italia Parte Terza, primo ottobre - 31 dicembre 1807. Gli fanno compagnia tra gli Elettori quell'Antonio Ruzini che Tentori ci ha abituato a chiamare "padre di tutte le nullità" tra i Savj del Collegio, oltre che, tra gli altri, il suo ex Vice Podestà in Verona Alvise Contarini nonché il suo ex-collega Provveditore Niccolò I (Andrea) Erizzo... Che Niccolò I Erizzo corrisponda ad Andrea, nella cattiva abitudine dei patrizi del tempo di attribuirsi sempre gli stessi nomi, ce lo conferma il Sanfermo nella sua "Condotta Ministeriale", dove il Provveditore di Vicenza viene esplicitamente nominato come Andrea Erizzo. È quello stesso Erizzo che, come ambasciatore con Francesco Battaja aveva concesso a Roverbella la prima generosa regalia a Napoleone in denaro e armi. Queste prove del riciclaggio del Giovanelli con i Napoleonici sembrano rassicurarci del fatto che il Landrieux non usò in questo caso delle sue arti menzognere per disinformare i posteri, perché si sà che dalla carica di Elettore dei Possidenti all'ottenere alte onorificenze, il passo può essere breve. A titolo di curiosità, annoto che negli stessi anni è attivo un altro Giuseppe Giovanelli, detto il Giovane, barone di Gerstburg e Hörtenburg, membro dello Stato Maggiore di Andreas Hofer, che con il proprio padre avrà un ruolo importante nella sottomissione dei Patrioti Tirolesi a Napoleone. Nota 3 - È opportuno ricordare che il Sanfermo negli anni precedenti era stato leader della fazione formalmente opposta a quella del Giovanelli nel Senato di Venezia. Nota 4 - Dalle pagine 222 - 223 della "Condotta Ministeriale del Conte Rocco Sanfermo": NOI ISEPPO GIOVANELLI Che per togliere la confusione, e il disordine, che potrebbe essere fatale al bene di tutti, resta commesso al Popolo fedele di Verona, che abbiasi a ritirare nelle rispettive Contrade. Nota 5 - Dalle pagine 223 - 224 della "Condotta Ministeriale...": NOI ISEPPO GIOVANELLI Importando alle viste del pubblico bene il conoscere con precisione il numero de' Villici, che spinti dall'affetto alla Patria e dal vivo attaccamento al naturale lor Principe sono accorsi armati alla comune diffesa in questa Città si fa pubblicamente, intendere e sapere. Nota 6 - Da pagina 224 della "Condotta Ministeriale...": NOI ISEPPO GIOVANELLI Utile essendo che non cadano dispersi senza vantaggio della Pubblica causa i mezzi opportuni alla diffesa, si fa pubblicamente intendere e sapere, che chiunque porterà polvere da fucile al deposito al Ballon, questa gli verrà pagata a pronti contanti al prezzo di soldi cinquanta la libbra. Da pagina 225 della Condotta Ministeriale Verona 22 Aprile 1797. Essendo stati invitati gli Abitanti che avessero polveri, e palle da Cannone di portare all'Offizio Civico Militare per essere loro pagate nei prezzi descritti nell'infrascritto Proclama, viene esso rimesso in Copia all'Offizio antidetto per la sua esecuzione, e sarà tenuta nota delle persone dalle quali sarà fatta la vendita. Nota 7 - Ecco un estratto della relazione del Capitano Salimbeni in seguito al suo incontro con Napoleone a Brescia. Osservazioni fatte da me, Cap.o Leonardo Salimbeni intorno all'Esercito Francese, ed alla sua Marcia per lo Stato Veneto. Vai a pagg. 227 - 242 | In questa pubblicazione, Vol. II pagg. 242 - 252 | Vai a pagg. 252 - 262 || Approfondimento della figura di Landrieux || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||
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