Storia di Venezia
Pagina pubblicata 8 Novembre 2011
Francesco Guicciardini, con particolare riferimento
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Rettifiche alla figura di Francesco Guicciardini
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Per comprendere l'importanza e la rilevanza delle informazioni storiche che andremo esaminando nell'antologia di Storia veneziana tratta dalle Opere di Francesco Guicciardini e pubblicata in vari articoli su VeneziaDoc.net, è opportuno ricordare la figura di questo illustre Autore fiorentino. Francesco Guicciardini nacque a Firenze nel 1483 da una delle più onorate e potenti Famiglie di statisti e fu tenuto a battesimo nientemeno che da Marsilio Ficino. A 22 anni, prima ancora della laurea in Giurisprudenza, Guicciardini merita la cattedra di Istituzioni di Diritto Civile, a 29 è nominato ambasciatore della Repubblica Fiorentina presso la Corte di Spagna. A 32 anni, tornato a Firenze, diviene membro della Signoria, il parlamento con cui i residui della Repubblica, frammentati dal costante conflitto delle fazioni cittadine, tentano di mitigare la restaurata supremazia Medicea. L'ascesa al Soglio di Giovanni de' Medici col nome di Leone X, proietta l'anno seguente il Guicciardini sullo scenario internazionale, con l'incarico di Governatore di Modena, cui si aggiungono nel 1517 quelli di Governatore di Reggio Emilia e di Parma. Nel 1521 è fatto Commissario Generale dell'Esercito Pontificio. Alla morte di Leone X difende con successo Parma, pur in assenza dell'Autorità papale, dall'assedio di Francesi e Veneziani. |
![]() Statua di Francesco Guicciardini alla Galleria degli Uffizi di Firenze. |
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In quel frangente egli seppe prendere decisioni e assumere rischi personali che avrebbe facilmente potuto evitare se fosse stato, come una certa critica vuole descriverlo, un gretto opportunista. Al contrario, la sua virtù gli valse una ulteriore promozione dal nuovo Papa, Giulio de' Medici (Clemente VII), che lo nominò Governatore della Romagna.
L'intelligenza e l'abilità diplomatica e militare lo tengono all'altezza di tale incarico, difficile in quanto pertinente una terra ancor più faziosamente conflittuale della stessa Firenze. Terra inoltre di confine guerreggiato tra le maggiori potenze europee.
L'attività di statista e di comandante militare non distrae Francesco Guicciardini dall'impegno intellettuale con cui formalizza ogni esperienza della sua vita politica.
Egli produce infatti Opere che da un lato esaminano e propongono forme di Governo possibili, dall'altro descrivono gli eventi e le motivazioni nella dinamica delle grandi Nazioni, che ha potuto vivere e osservare da protagonista.
Coronerà questo aspetto dei suoi sforzi nei venti Volumi della "Storia d'Italia", che gli fruttano la gloria internazionale e imperitura di essere considerato il padre della Storiografia moderna, per l'assoluta fedeltà alle fonti originali, per l'ordine e l'acume con cui dispone fatti e ragionamenti.
Accennavo che esiste tuttavia una critica malevola nei confronti del Guicciardini. Una critica che proviene dagli stessi ambienti ottocenteschi che ordiscono le calunnie della Restaurazione contro Venezia al fine di spartirsi non solo i suoi beni materiali ma anche le conquiste civili e scientifiche della Repubblica.
Il coinvolgimento dello statista fiorentino è inevitabile nella diffamazione internazionale di Venezia. Le motivazioni vi appariranno evidenti dalla lettura delle citazioni dalla "Storia d'Italia", che testimoniano l'attenzione dedicata alla Repubblica di Venezia nell'Opera del Guicciardini.
Dalle sue Opere emerge chiarmente che Guicciardini è un repubblicano e un uomo al di sopra delle fazioni, addirittura al di sopra delle differenze nazionali. Per i suoi incarichi egli ha dovuto combattere in armi la Repubblica di Venezia, eppure la sua ammirazione per il Governo Veneto rimane sempre chiara e ampiamente ribadita.
Quando la struttura monarchica pontificia tracolla dopo la Lega di Cognac, Guicciardini registra le proprie considerazioni nel dialogo "Del Reggimento di Firenze", in cui elogia Venezia come la forma migliore di stato mai realizzata dall'uomo, ed esorta i Fiorentini e l'Italia tutta a unirsi in Repubblica secondo l'esempio dei Veneziani.
L'opinione del Guicciardini su Venezia è dunque straordinariamente favorevole e contrasta apertamente con l'immagine della Repubblica che la propaganda monarchica vorrà diffondere dopo la Restaurazione.
Guicciardini è scomodissimo per i vari Manzoni, Daru, Hugo, Boito e compagnia cantante che dai teatri di tutto il mondo dipingono la città lagunare come una sordida e tirannica oligarchia, "legittimamente" soppressa dal Congresso di Vienna.
Doppiamente scomodo perché, assai prima che l'illuminismo si impadronisse in blocco del prestigio culturale appartenuto a Venezia, il Guicciardini si era già guadagnato la gloria di padre degli storiografi, di luce del Rinascimento, di fonte primaria per la Storia degli Stati Europei.
Un uomo pressocché impossibile da calunniare per la limpidità delle sue scelte e della sua vita, per l'assoluta imparzialità e l'accuratezza delle sue opinioni.
Nei suoi confronti si opina dunque per una forma strisciante di calunnia, quella chiamata denigrazione, che consiste nel mettere in luce falsata alcune qualità per farle assomigliare a difetti.
Vediamo qualche esempio della disonestà intellettuale con cui il Guicciardini viene ancora oggi da taluni presentato.
Quella certa critica, dove dovrebbe elogiare l'imparzialità e l'impersonalità dell'occhio storico di Guicciardini, lo definisce freddo fino a essere glaciale, definizione atta a procuragli impopolarità, soprattutto in un'epoca in cui imperversa la passionalità del Romanticismo. Si giunge a legare la sua immagine di storiografo a una frase macabra inventata su misura per lui: "Qualsiasi oggetto egli tocchi, giace già cadavere sul tavolo delle autopsie".
![]() Francesco De Sanctis, denigratore del Guicciardini (courtesy of Wikipedia). |
Il fatto che fosse abile a servire lo Stato, chiunque pretendesse di dirigerlo, e di avere riscosso la fiducia non solo della Repubblica ma di ben tre Papi gli procurò da parte di questi denigratori la patente di opportunista e di intrigante servitore della fazione medicea. Particolarmente subdolo e vile è sul Guicciardini il parere "autorevolissimo" pubblicato da Francesco de Sanctis nella sua "Storia della Letteratura Italiana", ancora oggi adottata come libro di testo ufficiale nella maggior parte dei Licei italiani. Questo critico, forse accecato dalla passionalità romantica (o forse per ben più meschini scopi di carriera), assimila, nel descrivere il pensiero e l'Opera del Guicciardini, le idee che questi in effetti sosteneva alle osservazioni critiche fatte dal Guicciardini sul mondo contemporaneo. Ancora il De Sanctis volle denigrare lo stile letterario del Guicciardini, che è forse la prosa più scorrevole riscontrabile negli Autori suoi contemporanei, definendola prolissa, circonlocutoria e confusa, mentre è tale da essere leggibile e comprensibile con facilità ancora ai nostri giorni e da persone di media cultura. |
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Non è del resto la sola colossale montatura storica contro Venezia, a rendere appetibile alle Monarchie che governano l'Europa dell'Ottocento e ai loro lacché nelle Accademie, la denigrazione e l'oscuramento del pensiero e della documentazione guicciardiniana.
Nelle sue Opere, soprattutto nella "Storia d'Italia", sul "tavolo anatomico" del Guicciardini sfilano, con accurata documentazione e senza alcuna falsa diplomazia, le sue accuse ai Monarchi e al loro sistema di governo, unica causa delle guerre e dei saccheggi che l'Italia e l'Europa subiscono per secoli e secoli.
Egli descrive le figure dei monarchi, oltre che nella loro cecità politica, nella loro essenza di idoli viziati e viziosi, ai cui smodati appetiti sono sacrificati Popoli e Nazioni. Anche dalle poche citazioni che riporto tra le innumerevoli sparse nella "Storia d'Italia", risulta chiaro che l'opinione del Guicciardini non è di quelle che Savoia, Asburgo, Borboni e le altre schiatte di crudeli e intriganti mascalzoni possano desiderare di veder diffuse nelle scuole dei Regni che opprimono.
Così nelle scuole la condanna del Guicciardini ai monarchi e al loro sistema viene concentrata nella sua fosca descrizione del duca Valentino e della famiglia Borgia, trasformati dalla divulgazione in veri e propri capri espiatori che, con la loro efferatezza, pongono in ombra gli altri giudizi del Fiorentino; giudizi che sono tuttavia riscontrabili in tutta l'Opera, a prendersi la briga non dico di leggerla, ma anche solo di scorrerla nelle edizioni digitali disponibili.
Ecco alcuni dei passi nella "Storia d'Italia" che dimostrano il coraggio e la lucidità con cui il Guicciardini affronta i potenti della sua epoca.
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![]() Carlo VIII re di Francia (courtesy of Wikimedia Commons). |
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![]() Papa Alessandro-VI (courtesy of Wikimedia Commons). |
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"Con questi fondamenti e con questi mezzi esaltati alla potenza terrena, deposta a poco a poco la memoria della salute dell'anime e de' precetti divini, e voltati tutti i pensieri loro alla grandezza mondana, né usando più l'autorità spirituale se non per instrumento e ministerio della temporale, cominciorono a parere più tosto prìncipi secolari che pontefici.
Cominciorono a essere le cure e i negozi loro non più la santità della vita, non più l'augumento della religione, non più il zelo e la carità verso il prossimo, ma eserciti, ma guerre contro a' cristiani, trattando co' pensieri e con le mani sanguinose i sacrifici, ma accumulazione di tesoro, nuove leggi nuove arti nuove insidie per raccorre da ogni parte danari; usare a questo fine senza rispetto l'armi spirituali, vendere a questo fine senza vergogna le cose sacre e le profane.
Le ricchezze diffuse in loro e in tutta la corte seguitorono le pompe il lusso e i costumi inonesti, le libidini e i piaceri abominevoli; nessuna cura a' successori, nessuno pensiero della maestà perpetua del pontificato, ma, in luogo di questo, desiderio ambizioso e pestifero di esaltare non solamente a ricchezze immoderate ma a principati, a regni, i figliuoli i nipoti e congiunti loro; non distribuendo più le degnità e gli emolumenti negli uomini benemeriti e virtuosi, ma, quasi sempre, o vendendosi al prezzo maggiore o dissipandosi in persone opportune all'ambizione all'avarizia o alle vergognose voluttà.".
"Considererà quali sieno le nature de' prìncipi grandi, che non sono simili alle nostre, né resistono sì facilmente agli appetiti loro come fanno gli uomini privati; perché assuefatti a essere adorati ne' regni suoi, e intesi e ubbiditi a cenni, non solo sono elati (alteri, N.d.E.) e insolenti ma non possono tollerare di non ottenere quello che gli pare giusto (e giusto pare ciò che desiderano), persuadendosi di potere spianare con una parola tutti gli impedimenti e superare la natura delle cose; anzi si recono a vergogna il ritirarsi per le difficoltà dalle loro inclinazioni, e misurano comunemente le cose maggiori con quelle regole con le quali sono consueti a procedere nelle minori, consigliandosi non con la prudenza e con la ragione ma con la volontà e alterezza: de' quali vizi comuni a tutti i prìncipi, non sarà già alcuno che dica che i franzesi non partecipino.".
![]() Massimiliano d'Austria ritratto da Albrecht Durer (courtesy of www.homfree.com). |
![]() Francesco Alidosi ritratto da Raffaello Sanzio (courtesy of liberars.altervista.org). |
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Chi sappia leggere nei ritratti dei grandi maestri o nelle caratteristiche somatiche osserverà la mano destra rapace del Massimiliano, quasi un ragno che striscia in fondo al quadro, la sensualità della bocca sul melograno, quella delle labbra dell'Imperatore e lo sguardo opaco, torbidamente lucido, le labbra sottili, impassibili eppure capricciose dell'Alidosi. Per entrambi, nasi volitivi su menti femminei... Sono volti che confermano le impressioni descritte dal Guicciardini. |
"... fatto questo progresso, degno più tosto di piccolo capitano che di re, ..., si ritornò alla fine di febbraio a Spruch, per impegnare gioie e fare in altri modi provisione di danari; de' quali essendo più tosto dissipatore che spenditore, niuna quantità bastava a supplire a' bisogni suoi.".
"... degnissimo, per i suoi vizi enormi e infiniti, di qualunque acerbissimo supplizio.".
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![]() Battaglia di Agnadello, sconfitta dei Veneziani, nell'immaginazione di Jollivet Pierre-Jules (1794-1871). Courtesy of Wikipedia. |
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![]() Papa Leone X con i cardinali Giulio de Medici e Luigi de Rossi (courtesy of Wikimedia Commons). |
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"Capitano certamente di valore grande, ma che con artifici e simulazioni sapeva assai favorire e augumentare le cose sue. Il medesimo, altiero insidioso maligno, senza alcuna sincerità, e degno, come spesso diceva desiderare, di avere avuto per patria più presto Spagna che Italia.".
"E a giudizio della maggiore parte degli uomini ebbe sì poca necessità il pigliare uno partito di tanta ignominia che molti dubitassino che il duca non fusse stato mosso da ordinazione occulta del senato viniziano, il quale, a qualche proposito incognito agli altri, desiderasse la lunghezza della guerra; altri dubitassino che il duca, ritenendo alla memoria le ingiurie ricevute da Lione e dal presente pontefice quando era cardinale, e temendo che la grandezza sua non gli mettesse in pericolo lo stato, non gli fusse o per odio o per timore grata la vittoria sì presta della guerra; ...".
"Nondimeno, il luogotenente del pontefice (Guicciardini stesso) si certificò per mezzi indubitatissimi che a' viniziani fu molestissima la ritirata, e che non avevano cessato mai di sollecitare lo accostarsi lo esercito a Milano sperando molto nella facilità della vittoria; ...".
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![]() Il Papa Clemente VII ritrato da Sebastiano dal Piombo (courtesy of Wikipedia). |
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"Finì in queste agitazioni l'anno mille cinquecento trenta e succedette il mille cinquecento trentuno, ...
... e (quello che si trattava con maggiore offesa di Dio e con orribile infamia della corona di Francia, che aveva fatto sempre precipua professione di difendere la religione cristiana, per i quali meriti aveva conseguitato il titolo del cristianissimo) tenendo pratiche col principe de' turchi per irritarlo contro a Cesare, contro al quale era per l'ordinario mal disposto, sì per l'odio naturale contro al nome de' cristiani come per cagione delle controversie che aveva col fratello, che erano quistioni per il regno d'Ungheria col vaivoda di chi egli aveva preso la protezione, come eziandio perché la grandezza di Cesare cominciava a essere sospetta anche a lui.".
"... Morì odioso alla corte, sospetto a' prìncipi, e con fama più presto grave e odiosa che piacevole; essendo riputato avaro, di poca fede e alieno di natura da beneficare gli uomini.".
![]() Papa Paolo III ritratto da Tiziano Vecellio (courtesy of Wikipedia). |
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Sono innumerevoli i brani e gli eventi da cui si vedono false e infondate le accuse di opportunismo, di gretto pragmatismo e di mancanza di Ideali rivolte al Guicciardini nei libri di testo ufficiali e nelle opere divulgative, così come false quelle di essere stato un lacché dei Medici. Penso che le citazioni suesposte siano sufficienti a ritorcere quelle stesse accuse su chi le volle formulare e su chi ancora le sostiene.
Il totale appoggio fornito dalle Monarchie europee alle campagne di calunnia e denigrazione contro la Repubblica e i pensatori repubblicani, permise agli illuministi post-napoleonici di farcirne enciclopedie e saggi, alimentando un filone ininterrotto di opere di fantasia calunniose che continua ancora oggi, e che ancora oggi pretende di velare la miseria intrinseca del movimento illuminista stesso che, sotto i "fumi" della sua ragione, rapinò prima il messaggio cristiano e poi le conquiste civili della Repubblica di Venezia.
Del fatto che l'indole dei monarchi sia stata ben disegnata nella "Storia d'Italia", il Popolo Italiano ha avuto recentissime (storicamente parlando) prove nella schiatta che ha travagliato il Regno d'Italia, con l'ultimo re capace di fuggire abbandonando l'intera Nazione e l'Esercito in guerra non solo alla sconfitta ma addirittura all'incertezza di chi fossero gli alleati e quali i nemici; per proseguire poi, nel dorato esilio del dopoguerra e persino dopo la riammissione al suolo italiano, a diffamare la nostra Patria con pubblici comportamenti indegni e persino comunemente criminali. Ma la monarchia non è il solo nemico della Repubblica. Ancora più pericoloso, e principale preoccupazione del Guicciardini statista, è il fazionismo partitico che travaglia i tentativi di Repubblica non meno che le Signorie e i regni decaduti. Le sue analisi di questo fenomeno, con i perniciosi effetti che produce sugli Stati e sul benessere delle Popolazioni, lo rendono inviso anche al governo di boiardi e ladri che prenderà il sopravvento sulla viltà e l'insipienza dei Savoia. Così la neonata sedicente Repubblica Italiana continua a oscurare uno dei più fulgidi esempi di pensiero e storia repubblicana. Con Venezia anche Guicciardini resta nel paniere della Storia scomoda e il De Sanctis continua ad ammaestrare nelle scuole pubbliche. Un procedimento analogo di mistificazione e calunnia sarà applicato all'esegesi delle opere e della figura morale di un eminente concittadino e amico del Guicciardini, Niccolò Machiavelli, ancora oggi tristemente noto per una frase che non ha mai inteso asserire come propria, frase che anzi rientra nella critica del Machiavelli ultrademocratico alla figura dei monarchi... Ma questo è argomento che spero di poter trattare in un apposito articolo. |
![]() Vittorio Emanuele III con Benito Mussolini, lo sventurato dittatore al quale cedette responsabilità e decisioni per il suo popolo, che egli non sapeva o non voleva prendere in prima persona (courtesy of www.reumberto.it). |
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Scopo di calunniatori e denigratori non è convincere gli storici e gli studiosi ma suggestionare la grande maggioranza del Popolo, tutte quelle persone cioé che abbeverano la propria cultura e dignità civile alle opere di divulgazione o, peggio, ai sentito dire di chi quelle opere divulgative legge.
Ma le calunnie devono cadere davanti all'evidenza di un uomo buono, capace onesto e leale che meritò non soltanto il rispetto e la fiducia dei suoi Maggiori pur mentre li criticava con l'aspra sincerità che abbiamo visto, ma anche la stima dei nemici sconfitti in battaglia.
Ne abbiamo esempio con l'assedio di Parma difesa dal Guicciardini, governatore di quella città e commissario pontificio.
Attaccavano Parma Marcantonio Colonna al comando di un contingente veneziano e Federigo da Bozzole alla testa di soldati francesi. Federigo, visti fallire i tentativi di conquistare la città strenuamente difesa grazie alle esortazioni al Popolo e ai provvedimenti presi dal Guicciardini, ebbe a dire (Libro XIV, cap. X):
"... nessuna cosa in questa espedizione, della quale era stato autore, averlo ingannato se non il non avere creduto che uno governatore, non uomo di guerra e venuto nuovamente in quella città, avesse, essendo morto il pontefice, voluto più presto, senza alcuna speranza di profitto, esporsi al pericolo che cercare di salvarsi, potendo farlo senza suo disonore o infamia alcuna.".
![]() Thomas de Foix-Lescun, Signor dello Scudo, Maresciallo di Francia (courtesy of Wikipedia). |
Alla qualità del coraggio intellettuale bisogna dunque aggiungere anche quello militare, e nella guerra un comportamento che di gran lunga anticipa la Convenzione di Ginevra. Vediamo infatti Guicciardini liberare un ambasciatore (Thomas de Foix, noto come Signor dello Scudo, fratello del Maresciallo di Francia Lautrec), anche quando l'esercito da questi rappresentato approfitta della tregua diplomatica per sferrare un attacco di sorpresa. Dal Libro XIV, cap. II: "... gli altri fuggirono: né salvò lo Scudo altra cosa che il rispetto che ebbe, chi voleva tirare a lui, di non percuotere il governatore. Ma essendo egli pieno di spavento, e lamentandosi essergli mancato della fede, né sapendo risolversi o a stare fermo o a fuggire, il governatore, presolo per la mano e confortandolo che sopra la fede sua lo seguitasse, lo introdusse nel rivellino; non l'accompagnando altri de' suoi che La Motta gentiluomo franzese: ... |
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Sono troppe le citazioni capaci di mettere in luce la virtù e l'ampiezza di vedute e interessi del Guicciardini, per poterle riportare tutte. È un uomo politico come lo si può desiderare, e le sue competenze si applicano in tutti i campi che possano riuscire di un qualche giovamento al progresso della società civile.
Guicciardini fu, per gran parte del suo tempo e per sua sventura, destinato a servire lo Stato costituito sotto un monarca tanto assoluto da arrogarsi con le armi non solo il potere temporale ma anche quello spirituale. Eppure non cessò mai di essere fautore e propositore della Repubblica, di praticare il senso profondamente repubblicano dell'Amor di Patria come sentimento di appartenenza territoriale assai prima che come obbedienza a un re.
Patria da amare e rispettare per il Guicciardini sono le campagne d'Italia devastate dalle bande mercenarie, gli artigiani commercianti e contadini che in Parma esorta a difendere in prima persona la loro città. Patria sono le ville venete bruciate per ordine empio del Papa.
Libro XVII, cap. VIII:
"Donde, con grande ignominia della milizia del secolo presente, non fanno i soldati più alcuna distinzione dagli inimici agli amici; donde non manco desolano i popoli e i paesi quegli che sono pagati per difendergli che quegli che sono pagati per offendergli.".
Come militare sarà a sua volta costretto a eseguire ordini empi, senza mai cessare però di criticarli e cercando di metterli in atto con tutta la moderazione consentita dal suo grado gerarchico e dalla sua intelligenza.
Ebbe dunque una vita assai difficile, da vero "uomo che cammina innanzi ai viventi", sostenuta da una fede cristiana più forte, limpida e coerente di quella professata dagli stessi pontefici e dalla visione, pur da lontano e da campo spesso suo malgrado contrapposto, del suo sogno realizzato. Un sogno cui costantemente abbevera la sua visione politica e la sua speranza: l'esempio plurisecolare della Repubblica Serenissima di Venezia.
A ulteriore discapito del De Sanctis, chi avrà la pazienza di leggere la Storia d'Italia e il Dialogo Del Reggimento di Firenze, o anche solo le citazioni da me presentate che potete trovare con i link qui sotto, scoprirà che il Guicciardini non fu inabile alle passioni. Egli ebbe, indubitabilmente, una passione per la Repubblica di Venezia. Una passione lucida, intelligente e coraggiosa.
Umberto Sartori
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Venezia in "Del Reggimento di Firenze" || Venezia nella "Storia d'Italia"
Edizione HTML a cura di Umberto Sartori