Storia di VeneziaPagina pubblicata 19 Ottobre 2011
Discorsi famosi in Senato Veneto:
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Purtroppo, soprattutto nel discorso del Grimani, già si vedono affacciare sentimenti sempre più lontani dalla Dottrina morale di Cristo, e purtroppo ancora sarà il suo suggerimento vendicativo, avido e opportunista a essere scelto dal Senato invece di quello prudente e modesto del Trivisano. Questo è il tono in cui vanno esposti e composti i casi della politica, e va preso di esempio dal Popolo repubblicano quando egli debba esprimere e valutare i propri Dirigenti e Magistrati. Umberto Sartori Da: Francesco Guicciardini, Storia d'Italia (1492 - 1534) Libro IV, cap. VI... Ma a Vinegia, in questo tempo medesimo, si consultava se, rimovendosi il re dalla dimanda del diposito alla quale aveano deliberato non consentire, dovessino collegarsi seco a offesa del duca di Milano, come egli con grandissima instanza ricercava, offerendo di consentire che, in premio della vittoria, conseguissino la città di Cremona e tutta la Ghiaradadda: la quale cosa benché da tutti fusse sommamente desiderata, nondimeno a molti pareva deliberazione di tanto momento, e tanto pericolosa allo stato loro la potenza del re di Francia in Italia, che nel consiglio de' pregati, che appresso a loro ottiene il luogo del senato, se ne facevano varie disputazioni. Il discorso di Antonio Grimano"Quando io considero, prestantissimi senatori, la grandezza de' benefizi fatti a Lodovico Sforza dalla nostra republica, la quale in questi anni prossimi gli ha conservato tante volte lo stato, e per contrario quanta sia la ingratitudine usata da lui, e le ingiurie gravissime che ci ha fatte per costrignerci ad abbandonare la difesa di Pisa, alla quale prima ci aveva confortati e stimolati, non posso persuadermi che non si conosca per ciascuno essere necessario fare ogni opera possibile per vendicarcene. Perché quale infamia potrebbe essere maggiore che, tollerando pazientemente tante ingiurie, mostrarci a tutto il mondo dissimili dalla generosità de' nostri maggiori? i quali, qualunque volta provocati da offese benché leggiere, non ricusorono mai di mettersi a pericolo per conservare la dignità del nome viniziano; e ragionevolmente, perché le deliberazioni delle republiche non ricercano rispetti abietti e privati, né che tutte le cose si riferischino all'utilità, ma fini eccelsi e magnanimi per i quali si augumenti lo splendore loro e si conservi la riputazione, la quale nessuna cosa più spegne che il cadere nel concetto degli uomini di non avere animo o possanza di risentirsi delle ingiurie, né di essere pronto a vendicarsi: cosa sommamente necessaria, non tanto per il piacere della vendetta quanto perché la penitenza di chi ti ha offeso sia tale esempio agli altri che non ardischino provocarti. Così viene in conseguenza congiunta la gloria con l'utilità, e le deliberazioni generose e magnanime riescono anche piene di comodità e di profitto; così una molestia ne leva molte, e spesso una sola e breve fatica ti libera da molte e lunghissime. Benché se noi consideriamo lo stato delle cose d'Italia, la disposizione di molti prìncipi contro a noi, e le insidie le quali continuamente si ordinano per Lodovico Sforza, conosceremo che non manco la necessità presente che gli altri rispetti ci conduce a questa deliberazione. Già vedete per opera sua con quante difficoltà, e quasi senza speranza, si sostenga la difesa di Pisa e la guerra nel Casentino, la quale se si continua incorriamo in gravissimi disordini e pericoli, se si abbandona senza fare altro fondamento alle cose nostre è con tanta diminuzione di riputazione che si accresce troppo l'animo di chi ha volontà di opprimerci: e sapete quanto è più facile opprimere chi ha già cominciato a declinare che chi ancora si mantiene nel colmo della sua riputazione. Delle quali cose apparirebbono chiarissimamente gli effetti, e si sentirebbe presto lo stato nostro essere pieno di tumulti e di strepiti di guerra, se il timore che noi non ci congiugniamo col re di Francia non tenesse sospeso Lodovico: timore che non può lungamente tenerlo sospeso. E in questo ci si dimostra molto propizia la fortuna, poiché ci fa ricercare da uno tanto re di quel che aremmo a ricercarlo noi; offerendoci più oltre sì grandi e sì onorati premi della vittoria, per i quali può questo senato proporsi alla giornata grandissime speranze, fabbricare ne' suoi concetti grandissimi disegni, ottenendosi massime con tanta facilità; perché chi dubita che da Lodovico Sforza non potrà essere a due potenze sì grandi e sì vicine fatta alcuna resistenza? Dalla quale deliberazione, se io non mi inganno, non debbe già rimuoverci il timore che la vicinità del re di Francia, acquistato che arà il ducato di Milano, ci diventi pericolosa e formidabile. Né la pace che ora spera d'ottenere da' prìncipi vicini di là da' monti sarà perpetua, ma la invidia le inimicizie il timore del suo augumento desterà tutti quegli che hanno seco odio o emulazione. Non è adunque né sì certo né tale il pericolo, che ci può dopo qualche tempo pervenire della vittoria del re di Francia, che per fuggirlo abbiamo a volere stare in uno pericolo presente e di grandissimo momento; e il rifiutare, per timore di pericoli futuri e incerti, sì ricca parte e sì opportuna del ducato di Milano non si potrebbe attribuire ad altro che a pusillanimità e abiezione di animo, vituperabile negli uomini privati non che in una republica più potente e più gloriosa che, dalla romana in fuora, sia stata giammai in parte alcuna del mondo. Sono rare e fallaci l'occasioni sì grandi, ed è prudenza e magnanimità, quando si offeriscono, l'accettarle e, per contrario, sommamente reprensibile il perderle; e la troppa curiosa sapienza e troppo consideratrice del futuro è spesso vituperabile, perché le cose del mondo sono sottoposte a tanti e sì vari accidenti che rare volte succede per l'avvenire quel che gli uomini eziandio savi si hanno immaginato avere a essere; e chi lascia il bene presente per timore del pericolo futuro, quando non sia pericolo molto certo e propinquo, si truova spesso, con dispiacere e infamia sua, avere perduto l'occasioni piene di utilità e di gloria, per paura di quegli pericoli che poi diventano vani. Per le quali ragioni il parere mio sarebbe che si accettasse la confederazione contro al duca di Milano, perché ci arreca sicurtà presente, estimazione appresso a tutti i potentati, e acquisto tanto grande che altre volte cercheremmo, e con travagli e spese intollerabili, di poterlo ottenere, sì per la importanza sua come perché sarà l'adito e la porta di augumentare maravigliosamente la gloria e lo imperio di questa potentissima republica". Fu udito con grande attenzione e con gli orecchi molto favorevoli l'autore di questa sentenza, e lodata da molti in lui la generosità dell'animo suo e lo amore verso la patria. Ma in contrario parlò Marchionne Trivisano: TOP Il discorso di Marchionne Trivisano"E' non si può negare, sapientissimi senatori, che le ingiurie fatte da Lodovico Sforza alla nostra republica non sieno gravissime, e con grande offesa della nostra degnità; nondimeno, quanto le sono maggiori e quanto più ci commuovono tanto più è proprio ufficio della prudenza moderare lo sdegno giusto con la maturità del giudicio e con la considerazione dell'utilità e interesse publico, perché il temperare se medesimo e vincere le proprie cupidità ha tanto più laude quanto è più raro il saperlo fare, e quanto sono più giuste le cagioni dalle quali è concitato lo sdegno e l'appetito degli uomini. Però appartiene a questo senato, il quale appresso a tutte le nazioni ha nome sì chiaro di sapienza, e che prossimamente ha fatto professione di liberatore d'Italia da' franzesi, proporsi innanzi agli occhi la infamia che gli risulterà se ora sarà cagione di fargli ritornare; e molto più il pericolo che del continuo ci sarà imminente se il ducato di Milano perverrà in potere del re di Francia: il quale pericolo chi non considera da se stesso si riduca in memoria quanto terrore ci dette l'acquisto che fece, il re Carlo, di Napoli, dal quale non ci riputammo mai sicuri se se non quando fummo congiurati contro a lui con quasi tutti i prìncipi cristiani. E nondimeno, che comparazione dall'uno pericolo all'altro! Perché quello re, privato di quasi tutte le virtù regie, era principe quasi ridicolo, e il regno di Napoli tanto lontano dalla Francia teneva in modo divulse le forze sue che quasi indeboliva più che accresceva la sua potenza, e quello acquisto, per il timore degli stati loro tanto contigui, gli faceva inimicissimi il papa e i re di Spagna; de' quali ora l'uno si sa che ha diversi fini e che gli altri, infastiditi delle cose d'Italia, non sono per implicarvisi senza grandissima necessità: ma questo nuovo re, per la virtù propria, è molto più da temere che da sprezzare, e lo stato di Milano è tanto congiunto col reame di Francia che, per la comodità di soccorrerlo, non si potrà sperare di cacciarnelo se non commovendo tutto il mondo. E però noi, vicini a sì maravigliosa potenza, staremo nel tempo della pace in gravissima spesa e sospetto, e in tempo di guerra saremo tanto esposti alle offese sue che sarà difficillimo il difenderci. Né io so perché debbiamo prometterci che nel re de' romani e in quella nazione possa più l'emulazione e lo sdegno antico e nuovo contro al re di Francia, se acquisterà Milano, che l'odio inveterato che hanno contro a noi che tegniamo tante terre appartenenti alla casa d'Austria e allo imperio; né so perché il re de' romani si congiugnerà più volentieri con noi contro al re di Francia che con lui contro a noi: anzi è più verisimile l'unione de' barbari, inimici eterni del nome italiano, e a una preda più facile; perché unito con lui potrà più sperare vittoria di noi che unito con noi non potrà sperare di lui. Hacci ingiuriato Lodovico gravissimamente, nessuno lo nega, ma non è prudenza mettere, per fare vendetta, le cose proprie in pericolo sì grave, né è vergogna aspettare a vendicarsi gli accidenti e l'occasioni che può aspettare una republica; anzi è molto vituperoso lasciarsi innanzi al tempo traportare dallo sdegno, e nelle cose degli stati è somma infamia quando la imprudenza è accompagnata dal danno. L'acquisto è grande e opportuno a molte cose, ma considerisi se sia maggiore perdita l'avere uno re di Francia signore dello stato di Milano: considerisi quanto sia maggiore la nostra potenza e riputazione, o quando siamo i principali d'Italia o quando in Italia è uno principe tanto maggiore e tanto vicino a noi. Con Lodovico Sforza abbiamo altre volte avuto e discordia e concordia, così può tra noi e lui accadere ogni dì, e la difficoltà di Pisa non è tale che non si possa trovare qualche rimedio, né merita che per questo ci mettiamo in tanto precipizio; ma co' franzesi vicini aremo sempre discordia perché regneranno sempre le medesime cagioni: la diversità degli animi tra barbari e italiani, la superbia de' franzesi, l'odio col quale i prìncipi perseguitano sempre, per natura, le republiche e la ambizione che hanno i più potenti di opprimere continuamente i meno potenti. E però non solo non mi invita l'acquisto di Cremona, anzi mi spaventa, perché arà tanto più occasione e stimoli a offenderci, e sarà tanto più concitato da' milanesi che non potranno tollerare l'alienazione di Cremona da quello ducato; e la medesima cagione irriterà la nazione tedesca e il re de' romani, perché medesimamente Cremona e la Ghiaradadda è membro della giurisdizione dello imperio. Non sarebbe almanco biasimata tanto la nostra ambizione, né cercheremmo con nuovi acquisti farci ogni dì nuovi inimici, e più sospetti a ciascuno: per il che bisognerà finalmente o che noi diventiamo superiori a tutti o che noi siamo battuti da tutti; e quale sia più per succedere è facile a considerare a chi non ha diletto di ingannarsi da se medesimo. La sapienza e la maturità di questo senato è stata conosciuta e predicata per tutta Italia e per tutto il mondo molte volte; non vogliate macularla con sì temeraria e sì pericolosa deliberazione. Lasciarsi traportare dagli sdegni contro all'utilità propria è leggerezza, stimare più i pericoli piccoli che i grandissimi è imprudenza; le quali due cose essendo alienissime dalla sapienza e gravità di questo senato, io non posso se non persuadermi che la conclusione che si farà sarà moderata e circospetta, secondo la vostra consuetudine". TOPLa decisione del Senato VenetoNon potette tanto questa sentenza, sostentata da sì potenti ragioni e dalla autorità di molti che erano de' principali e de' più savi del senato, che non potesse molto più la sentenza contraria, concitata dall'odio e dalla cupidità del dominare, veementi autori di qualunque pericolosa deliberazione; perché era smisurato l'odio negli animi di ciascuno contro a Lodovico Sforza conceputo, né minore il desiderio di aggiugnere allo imperio veneto la città di Cremona col suo contado e con tutta la Ghiaradadda; aggiunta stimata assai, perché ciascuno anno se ne traevano di entrata almeno centomila ducati, e molto più per l'opportunità; conciossiaché, abbracciando con questo augumento quasi tutto il fiume dell'Oglio, distendevano i loro confini insino in sul Po e ampliavangli per lungo spazio in sul fiume di Adda, e appressandosi a quindici miglia alla città di Milano e alquanto più alle città di Piacenza e di Parma, pareva loro quasi aprirsi la strada a occupare tutto il ducato di Milano, qualunque volta il re di Francia avesse o nuovi pensieri o potenti difficoltà di là da' monti. Il che potere succedere, innanzi che passasse molto tempo, dava speranza la natura de' franzesi, più atti ad acquistare che a mantenere; l'essere quasi perpetua la loro republica e nel regno di Francia accadere spesso, per la morte de' re, variazione di pensieri e di governi; la difficoltà di conservarsi la benivolenza de' sudditi, per la diversità del sangue e de' costumi franzesi con gl'italiani. Però, confermata col voto de' più questa sentenza, commessono agli oratori loro che erano appresso al re che conchiudessino con le condizioni offerte questa confederazione, ogni volta che in essa delle cose di Pisa non si trattasse.
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